Daniele Badiali nasce il 3 marzo 1962 da una famiglia semplice nella campagna di Faenza (Ra). Giovanissimo incontra l'esperienza dell'Operazione Mato Grosso ma, quale generoso che non si accontenta di amare a distanza o per procura, a ventidue anni appena compiuti parte per fare un’esperienza di due anni a Chacas, in Perù. Qui si trova padre Ugo de Censi e, insieme agli altri, impara la strada dell’umiltà, la verifica della vocazione, la correzione e la limatura del carattere. Dopo un periodo a Bologna ritorna in Perù nel 1991, a due mesi dall’ordinazione, come prete “fidei donum”, assumendo la responsabilità della parrocchia di San Luis, sulle Ande. La sua casa diventa subito punto di riferimento per i tanti poveri, continuamente assediata da chi viene “per chiedere viveri, per chiedere medicine, per chiedere, per chiedere, per chiedere...". Le sue giornate sono vorticosamente vissute “tra feste nei villaggi, ritiri con i ragazzi, confessioni, preparazione alle prime comunioni, oratorio da seguire, lezioni in seminario da fare, senza contare matrimoni, battesimi, funerali”.
Agli amici in Italia scrive di non sapere “come trasmettere la sofferenza che provo nel vedere tante pecore senza pastore!!! e come dire la sofferenza che provo nell’accorgermi che Dio conta sempre meno nella vita delle persone che cerchi di educare alla religione!”. Mentre si sente “un prete ai primi passi del cammino dell’amore”, sente anche tutta la fatica del credere, soprattutto a confronto con la fede genuina e semplice dei suoi parrocchiani. Così, mentre gli altri restano affascinati dalla sua “allegria contagiosa” e ammirano in lui soprattutto “la grande fede”, lui confessa di sentirsi “un peccatore, un incredulo in cammino verso il Vangelo”. “Questa scoperta della mia incredulità mi fa stare coi piedi per terra, mi fa soffrire, però non mi toglie il desiderio di sperare nel Signore e nella sua bontà”: così, volando tra un impegno pastorale e l’altro, pur avvertendo il dramma del vuoto e dell’assenza di Dio e “la delusione che questo Dio crocifisso non è quello che la gente cerca”, cerca “di imparare a vivere ciò che Gesù ci ha detto, … imparare a dar via la propria vita…”. Ecco perché la sera del 16 marzo 1997, mentre torna con i suoi collaboratori dai soliti impegni pastorali e la sua macchina viene fermata da un gruppo di banditi armati che vogliono un italiano in ostaggio per chiedere un forte riscatto a p.Ugo, Daniele non ha un attimo di esitazione: “Tu resta, vado io”, dice ad una volontaria che già sta avanzando verso il gruppo armato. Lo ritrovano due giorni dopo in una scarpata, con le mani legate e finito con un colpo alla nuca e i suoi cristiani non faticano proprio a capire che Daniele è riuscito perfettamente a “dar via la vita” per i fratelli. Come Gesù. E dato che un amore così non si può improvvisare, capiscono anche che diceva sul serio quando insegnava “a guardare in faccia alla morte, solo così si capisce quale direzione dare alla vita”.